Ex amministratore delegato del Centro Ricerche Fiat, nel corso della sua quarantennale carriera è stato inventore di 139 brevetti e ha indirizzato alcune delle innovazioni tecnologiche che hanno contribuito a rendere il Gruppo una potenza mondiale. Sotto la sua guida, per esempio, il Centro brevettò l’attuale sistema Abs e ideò i motori diesel common rail di tipo MultiJet. Giancarlo Michellone, fon-datore nel 1984 della Direzione Innovazione di Fiat Auto e un passato anche in Iveco, conosce bene quali sono le potenzialità della città in ambito di ricerca e innovazione industriale. Un know-how di capacità che dopo la nascita di Stellantis, quarto costruttore automobilistico mondiale, possono permettere a Torino di continuare a giocare un ruolo da protagonista nello scacchiere dei grandi player mondiali dell’automotive. «La ricerca e l’innovazione fanno parte di un sistema e quindi, dopo la fusione fra Fca e Psa, bisogna capire qua-le può essere sul territorio il sistema più adatto all’automotive». Per pensare a quale ruolo potranno giocare il Piemonte e Torino secondo Michellone bisogna partire da qui. Perché la nostra città possa davvero porsi come “testa pensante” del nuovo colosso «la prima cosa da fare, prima ancora di mettersi addosso medaglie e nastrini, dovrebbe essere quella di capire quali sono i no-stri punti di forza e di debolezza e quali sono quelli delle controparti». Per capirlo «è necessario strutturare un sistema di ricerca che sappia valorizzare le competenze e la tradizione del territorio potendo contare sul contributo di realtà d’eccellenza come il Politecnico». Rispetto a cinquant’anni fa «oggi parlare di collega-menti fra mondo accademico e dell’industria è la normalità, di acqua ne è passata sotto i ponti». E se si vuole rendere l’area torinese ancora protagonista «bisogna coinvolgere, in maniera organica, tutto il mondo collaterale alla gran-de industria». I costruttori, spiega l’ex manager Fiat, dal 2011 presidente di GcM Consulting, società con sede a Cambiano che si occupa di valorizzare i risultati della ricerca delle Pmi, «sono sempre più degli assemblatori, il che significa che molto spesso l’innovazione, in particolare quella davvero rivoluzionaria, arriva soprattutto dai vari livelli di fornitori o dal-le start up. Di conseguenza diventa di vitale importanza «creare una rete sapendo che molte delle innovazioni arrivano dalle piccole e medie imprese non solo metalmeccaniche dato che grazie alla meccatronica le competenze arri-vano da ogni parte». Inoltre, per fare ordine, «bisognerebbe capire su quale tipo di innovazione si vuole puntare». Ne esistono, sottolinea Michellone, almeno di quattro tipi. «Quando si parla di innovazione tecnologica si parla di innovazione di prodotti, in realtà sappiamo che possono esserci anche innovazione di processi produttivi e organizzativi, di metodologie di lavoro, che sia d’ufficio o in officina, e poi ci sono i servizi». Bisognerebbe quindi iniziare «con un censimento delle innovazioni possibili che non arrivano soltanto dalle organizzazioni industriali ma da tutto l’ecosistema del territorio». E dato che nell’area torinese le competenze applicabili alla tecnologia e all’organizzazione dei processi non mancano «si rende indispensabile pianificare una strategia citta-dina e regionale che sappia valorizzare, agli occhi di un gruppo così potente e internazionale, le professionalità e i talenti che arrivano da un ricco substrato di fornitori».