Che le olimpiadi non siano sempre un buon affare per chi le ospita è un fatto. Tanto più se mancano solidi business plan e capacità manageriali di livello. L’avvitarsi della crisi greca, ad esempio, fu di certo legata anche al peso eccessivo dei giochi di Atene del 2004 sulla capacità finanziaria complessiva e sul PIL del paese. Spese fuori controllo, speculazioni edilizie, corruzione e trucchi contabili portarono i costi dai 4,5 miliardi preventivati agli oltre 13 finali, mentre Atene scivolava in uno stato di confusa euforia. Delle 22 opere realizzate, 21 sono oggi completamente abbandonate. Il resto è, purtroppo, storia recente.
I CASI VIRTUOSI
Barcellona, nel 1992, fu invece un caso virtuoso. Grazie ai giochi, la città fece un salto di qualità in infrastrutture e immagine, diventando in breve tempo una delle metropoli più vivaci e ambite d’Europa. Stessa cosa può dirsi per Monaco. Le olimpiadi del 1972 dotarono la città di un efficiente sistema di metropolitane – la prima linea fu inaugurata nell’ottobre del 1971 – e contribuirono in modo significativo a farne il centro economico della regione. I tedeschi, però, sono per natura parsimoniosi e la prudenza, se si parla di soldi, non è mai troppa. Malgrado l’esperienza positiva, interpellati nel 2013 su una nuova candidatura per i giochi invernali del 2018, gli abitanti di Monaco si sono pronunciati contro. A non convincere gli elettori, soprattutto, è stata l’imprevedibilità dei budget. Etica protestante e spirito del capitalismo (anche nella cattolica Baviera), applicata alle finanze pubbliche significa, in primo luogo, bilanci in pareggio. Profeta dell’austerity, quest’anno, per la prima volta dal 1969, il Ministro delle Finanze Schäuble è riuscito a portare a casa un risultato di segno positivo. Gli investimenti, specie quelli importanti, non s’improvvisano; né si crede alla favola delle olimpiadi low cost. Cose da nordici, se anche Stoccolma e Oslo, di recente e in due diverse occasioni, hanno ritirato la loro candidatura ad ospitare i giochi.
I DUBBI DI AMBURGO
Gli stessi dubbi, in questi mesi, attraversano Amburgo. La città anseatica aspira infatti ad ospitare i giochi del 2024 come Roma, Boston Parigi. Diversamente che a Roma, però, gli abitanti diranno la loro sulla decisione. In autunno un referendum stabilirà se ufficializzare la candidatura di fronte al Comitato Olimpico Internazionale nel gennaio del 2016. Il consenso, da queste parti, si costruisce sui numeri e sui fatti. Slogan, immagini e propaganda contano meno che da noi, e non si apprezza l’approssimazione.
Non si tratta però di mera miopia contabile, o di incapacità di guardare al futuro. Piuttosto, di programmarlo. Amburgo si appresta infatti a valutare l’impatto complessivo dei giochi: peserà il rapporto tra costi e benefici, compresi quelli non strettamente economici. Soprattutto, ed è forse questo il punto più importante, le olimpiadi non sono un obiettivo a sé stante, con la macchina di grandi opere che mettono in moto.
LE INDICAZIONI DEL COMITATO OLIMPICO
Al contrario, il concept approvato dal Comitato Olimpico Tedesco, nella cornice di un’ulteriore, spettacolare, espansione sull’Elba, prevede la realizzazione del villaggio olimpico e delle infrastrutture sportive nella parte orientale di Kleiner Grasbrooks, pittoresca isola tra i due rami del fiume. Se si procederà, molte aziende attualmente insediate a Kleiner Grasbrooks saranno costrette a spostare altrove le proprie attività. Malgrado gli inevitabili indennizzi, la scelta è razionale. Un altro tassello verso la realizzazione della strategia complessiva di crescita, disegno e sviluppo urbano ed economico che la città si è data, assicurando tra l’altro in anni recenti, il felice recupero della Speicherstadt e lo sviluppo armonico della nuova HafenCity.
Un vero e proprio piano industriale trainato dal grande salto oltre l’Elba (Sprung über die Elbe), e incentrato sul potenziale del secondo porto container d’Europa con i cluster produttivi della grande regione metropolitana.
LA STRATEGIA DI ROMA
C’è da chiedersi dove sia, nel caso di Roma, e se ci sia, un’analoga visione strategica, una costruzione, una valutazione, prima ancora che il coinvolgimento democratico dei cittadini nella decisione. Mentre Olaf Scholz, al secondo mandato come sindaco della città anseatica, ha tempo fino a settembre per convincere i suoi concittadini a dire si ai giochi, a Roma la partita è nelle mani di poche persone e sono meno chiari meccanismi, processi e le responsabilità. I rapporti tra le istituzioni sembrano tesi in mancanza di una vera cabina di regia.
IL NODO DEI COSTI
Punto sensibile, qui ad Amburgo, era e rimane quello dei costi. La Camera di Commercio si impegna a fornire dati, gli operatori a raggiungere l’opinione pubblica. Se Londra valeva 14,2 miliardi, di questi 1 miliardo ha gravato direttamente sulla città. Da queste parti si parla di almeno una decina di miliardi. Risorse da reperire e programmare mentre il bilancio del Land è lontano dal pareggio. Fin dal primo mandato, Olaf Scholz è impegnato a ripianare un deficit già sceso nel 2014 a 470 milioni, rispetto ai 592 di due anni prima. Cifre che sicuramente non impressionano i virtuosi amministratori di Roma Capitale, cui Ernst&Young ha diagnosticato un disavanzo strutturale di 1,2 miliardi.
La lista della spesa è lunga. La prima voce, nella fase iniziale, sono i costi per predisporre la candidatura. A questo scopo, il Comitato Olimpico Nazionale Tedesco ha fissato un tetto massimo di 50 milioni, contro gli 8 stanziati dal governo italiano. La Camera di Commercio di Amburgo prevede che la metà della cifra arriverà dalle imprese, con un meccanismo di partecipazione pubblico-privata usuale per grandi progetti di interesse pubblico.
L’ESPERIENZA DI MONACO
L’esperienza della candidatura di Monaco per il 2018 promette bene: in Baviera, l’80% circa delle risorse necessarie furono coperte dai privati. Si tratta in sostanza di predisporre i cosiddetti Mini Bid Books, documenti e progetti preliminari che dovranno essere consegnati l’8 gennaio 2016 al Comitato Olimpico Internazionale. Da quella data, partirà la sfida vera e propria tra le città candidate. E qui le cifre si fanno importanti.
Come per Londra, Amburgo valuta realistiche spese per 1 miliardo per la realizzazione delle infrastrutture sportive propriamente dette e del villaggio olimpico. Investimenti in edilizia residenziale nell’area identificata dovrebbero consentire meccanismi di rifinanziamento simili a quelli che sono stati messi in atto per i progetti di costruzione della HafenCity. Il Project Financing è uno degli strumenti ipotizzabili. I costi di organizzazione e management degli eventi sportivi, marketing, sicurezza sono valutati intorno a 3 miliardi di euro, mentre la recente esperienza di Rio de Janeiro lascia ipotizzare ritorni per circa 1,5 miliardi dal merchandising e dalla vendita dei biglietti.
Un capitolo a parte è rappresentato dall’impatto delle maggiori entrate fiscali sul bilancio federale e quello locale, ma è ancora troppo presto perché qualcuno si azzardi a ipotizzare qualche cifra. Una voce a sé stante sono invece le infrastrutture non direttamente collegate agli eventi. Per la Coppa del Mondo del 2006, ad esempio, Berlino ordinò la costruzione di oltre 400 km di autostrade.
Per la città anseatica, le Olimpiadi potrebbero essere l’occasione giusta per accelerare la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali strategici programmati da tempo e ancora in attesa di finanziamenti del governo centrale. Soprattutto, si pensa alla Hafenquerspange (collegamenti autostradali attraverso il porto) o ulteriori collegamenti ferroviari nel triangolo Amburgo-Brema-Hannover, destinati ad aumentare la già imponente capacità di movimentazione intermodale di uomini e merci attraverso il porto e contemplati nel piano strategico dell’Autorità Portuale per il 2025. Sfide di lungo periodo.
In definitiva, la candidatura di Amburgo, che cada o venga perseguita, rappresenta comunque un tassello in un disegno più vasto e organico. Cose da fare in ogni caso perché, sebbene sia anche visione, come recita un vecchio adagio tedesco, la politica comincia con l’osservazione della realtà (Politik beginnt mit der Betrachtung der Wirklichkeit).
Una lezione che forse anche noi dovremmo ricordare.